I principi dell'allenamento
PRINCIPI FONDAMENTALI DELL'ALLENAMENTO
Prima di affrontare qualsiasi discorso legato all'allenamento e alla sua programmazione bisogna avere ben chiaro cosa s'intende con tale termine. Per allenamento s'intende: "l'insieme delle tecniche che consentono ad un individuo la realizzazione massima del suo potenziale genetico, attraverso l'apprendimento di una corretta gestualità, e la razionale ripetizione di esercitazioni mirate a modificare l'equilibrio organico individuale per ripristinarlo ad un livello di efficienza superiore". Risulta quindi evidente come durante l'allenamento vi sia un atteggiamento di tipo catabolico, cioè si consumano e si distruggono le molecole. In questa fase vi è un aumento degli ormoni catabolici come il cortisolo e una diminuzione di quelli anabolici come il testosterone.

Nella seconda fase, quella di riposo, vi è invece la reazione contraria, detta anabolismo, ossia la ricostruzione da parte del fisico di tutte le molecole consumate. Questa fase non si esaurisce nel riportare in equilibrio la situazione ma tende a ricostruire gli adattamenti, ricercati con l'allenamento, ad un livello di efficienza superiore (vedi figura supercompensazione). Questo tipo di reazione fisiologica prende il nome di supercompensazione e rappresenta la base della teoria dell'allenamento. Il training e i vari stimoli allenanti devono quindi essere adeguati alle caratteristiche del singolo atleta, per essere stress migliorativi e raggiungere così gli obiettivi agonistici posti all'inizio della preparazione.

LA PROGRESSIVITÀ DEI CARICHI E IL RECUPERO
Chiunque esegua un qualsiasi tipo di allenamento o intenda farlo, deve rispettare una regola generale, quella della progressività del carico. Questo principio va tenuto in considerazione sia dal principiante, che inizia la sua attività sportiva e quindi deve appassionarsi al mondo delle due ruote, ma anche dall'atleta "evoluto" o dall'amatore, per evitare i negativi effetti, psicologici e fisiologici, del sovrallenamento, o overtraining. Ma come mai in un libro sull'allenamento per la Mountain bike viene menzionato come primo argomento il problema legato al sovrallenamento? Perché ritengo che questo sia un reale pericolo nel quale può incorrere chi svolge abitualmente attività fisica, e non c'è cosa peggiore che rendersi conto che ciò che ci diverte di più diventa solamente una "fatica". Quando vi trovate quindi in una situazione di dubbio e non sapete quale allenamento scegliere per il vostro training, ricordatevi che è meglio essere menoallenati e più freschi che sovrallenati e incapaci di esprimere il proprio potenziale; questo eviterà pericolose frustrazioni portandovi soddisfazioni insperate. La rigenerazione e il recupero della fatica costituiscono una delle fasi più allenanti di tutto il programma. Il recupero delle energie consumate durante l'allenamento è importante quanto il training fisico e quello tecnico. Questo approccio va consideratoper tutte le categorie di atleti, dai biker evoluti ai cosiddetti "cicloamatori della domenica". Il riposo risulta fondamentale per quelle categorie di atleti che, allenandosi tutti i giorni, hanno bisogno di un periodo per riequilibrarsi al fine di riuscire ad esprimere in seguito il proprio potenziale fisiologico. Questo è un problema che appare ancora più evidente se andiamo a considerare la programmazione di una stagione agonistica in atleti che interpretano la mountain bike come attività sportiva non professionistica. Spesso la passione e la super motivazione portano a strafare e il riposo diventa una necessità, un obbligo. Vi sono dei veri e propri sintomi che definiscono uno stato di sovrallenamento e sono:
I sintomi fisiologici: perfomance diminuita, aumento dei tempi di recupero; riduzione della tolleranza al carico allenante; riduzione della capacità di differenziare e correggere errori tecnici; aumento della frequenza cardiaca; diminuzione della forza muscolare; perdita della coordinazione; alterazioni a riposo della pressione sanguigna; aumento della frequenza respiratoria; insonnia; tensione muscolare; crampi; sofferenza tendinea; perdita dell'appetito; anoressia nervosa; diminuzione della soglia del dolore; danni muscolari; rabdomiolisi; disturbi gastrointestinali.
I sintomi immunologici: diminuzione delle difese immunitarie e maggiore facilità a prendere malattie in forma anche più severa; lenta guarigione da disturbi minori; brevi raffreddori; riduzione totale del numero di linfociti; riattivazioni di patologie virali (es. herpes).
I sintomi psicologici: umore pessimo, stanchezza generale e difficoltà di concentrazione, irritabilità, perdita di autostima.
I sintomi biochimici: bilancio dell'azoto negativo; diminuzione dell'emoglobina; diminuzione del ferro sierico; diminuzione della ferritina sierica; aumento della concentrazione di urea; bassi livelli di testosterone libero; aumento del siero di globuline che legano gli ormoni; deplezione di minerali; nelle donne ritardo del menarca.
È quindi importante, quando s'intende programmare una stagione agonistica, impostare almeno mentalmente una serie di periodi allenanti finalizzati al raggiungimento di quegli obiettivi che l'atleta si sarà posto; coscienti del fatto che non si può essere competitivi per 8-10 mesi all'anno. Un buona programmazione sarà quindi data dalla giusta miscela tra la durata del carico, la sua intensità e il recupero.

PREMESSA
L'allenamento va considerato come un processo di adattamento a stimoli esterni, che hanno come scopo quello di aumentare il rendimento fisico-organico, muscolare e psicologico nella disciplina sportiva praticata. Gli stimoli esterni altro non sono che i mezzi di allenamento, e vanno suddivisi o catalogati in base all'intensità dello stimolo, valore molto soggettivo, perché dipendente dalle caratteristiche fisico-psicologiche del soggetto, e la quantità che ovviamente negli sport di endurance verrà definita con i km e con il tempo.

PRINCIPI METODOLOGICI DELL'ALLENAMENTO
Per poter impostare quindi un allenamento mirato, bisogna rispettare una serie di principi e diregole:
Principio dell'alternanza: ogni singola seduta, per essere allenante, perché cioè produca i suoi effetti positivi, ha bisogno di un periodo di recupero, a causa del "consumo" del potenziale energetico muscolare e psicologico che temporaneamente abbassa le capacità prestative. Solo attraverso un giusto periodo di recupero quindi, che diventa "il momento più allenante", si ristabilizzano, migliorate, le qualità prestative (supercompensazione).
Principio della progressività del carico: se lo stimolo allenante continua a mantenere la medesima intensità e quantità, a lungo andare perde la sua capacità migliorativa. Di conseguenza per ottenere un incremento graduale delle performance anche il training dovrà crescere con gradualità perché conservi la sua capacità condizionante.
Principio della continuità del carico: è necessario, affinché una programmazione dell'allenamento porti i suoi frutti, che gli stimoli siano continui. Le interruzioni dell'allenamento infatti riducono, se brevi, gli effetti allenanti, se lunghe lo annullano. È quindi importante assicurare al nostro programma di allenamento continuità al fine di non perdere gli adattamenti raggiunti.
Principio dell'individualizzazione: il carico allenante raggiunge gli scopi prefissati se, oltre a rispettare tutti i principi sin qui enunciati, considera l'allenamento come assolutamente personale, perché personali sono la capacità di sopportazione fisica e psicologica del carico e le capacità di recupero.

INDIVIDUALIZZAZIONE DELL'ALLENAMENTO
Ogni allenamento proposto a noi stessi o ad altri deve essere, pensato seguendo tutte quellecaratteristiche appena menzionate: la continuità, la progressività, l'alternanza del carico e la sua individualizzazione, cioè la modulazione dell'allenamento in base alle caratteristiche personali del soggetto. Ma come fare per essere sicuri di adeguare l'allenamento pensato alle proprie caratteristiche? Una metodologia, oggi molto diffusa negli sport di endurance, per la valutazione funzionale e l'adeguamento del carico ad un'intensità precisa e soggettiva è il cosiddetto test Conconi. Il concetto del test Conconi si fonda sul principio fisiologico secondo il quale ad un incremento dell'intensità lavorativa corrisponda un adeguato e proporzionale incremento della frequenza cardiaca. Superata una certa velocità o un certo "wattaggio", che per ogni individuo risulta essere differente, questa proporzionalità viene meno e ad un continuo aumento dell'andatura la frequenza cardiaca non aumenta più proporzionalmente, ottenendo così una curva di deflessione che corrisponde generalmente. Nel grafico (vedi figura test incrementale di Conconi) è evidente la curva di deflessione, e in quel punto l'atleta comincia a produrre in eccesso l'acido lattico ottenendo in breve un "avvelenamento" dei muscoli. Questo test, che prese il nome dal suo ideatore, viene oggi abitualmente utilizzato per determinare in modo indiretto la frequenza cardiaca di soglia anaerobica. Ma cos'è è questa "soglia anaerobica"? È il momento in cui l'attività sportiva che si sta eseguendo non riesce più a essere soddisfatta con il solo meccanismo aerobico, e l'intensità è tale che i muscoli non riescono più a smaltire, attraverso la respirazione, l'acido lattico che va accumulandosi man mano. Ecco che allora, determinando questo punto, è possibile ricavare, con opportuni calcoli percentuali, un range di frequenza cardiaca ideale per ogni ritmo di allenamento (vedi tabella).

Tabella per la determinazione dei ritmi di allenamento in rapporto alla velocità e frequenza cardiaca di deflessione, ipotizzando una frequenza cardiaca di 170 Bpm (battiti per minuto)

Mezzo di allenamento% Velocità Bpm(Battiti per minuto)
Fondo lento75-80% della Vdtra 128-136 Bpm
Fondo lungo 85% della Vdtra 142 e 148 Bpm
Fondo medio90-92% della Vdtra 153 e 157 Bpm
Fondo veloce e
ripetute lunghe
97-100% della Vdtra 166 e 170 Bpm
Ripetute a soglia100% della Vd170 Bpm
Ripetute brevi100-103% della Vdtra 170 e 175 Bpm

PROTOCOLLO DI ESECUZIONE DEL "TEST DI CONCONI"
Il protocollo di esecuzione prevede una prova da sforzo incrementale di tipo massimale, che metta in relazione la frequenza cardiaca con la velocità di locomozione, o con i watt, se eseguito in laboratorio, dell'atleta e indichi, nel punto in cui si perde la relazione lineare tra questi due parametri, la frequenza cardiaca e la velocità o appunto i watt di soglia. Dopo un adeguato riscaldamento l'atleta, indossato il cardiofrequenzimetro, esegue una prova su di un velodromo o su un anello di asfalto misurato, possibilmente riparato dal vento, (è possibile eseguire il test Conconi anche in laboratorio su di un cicloergometro) ad intensità sempre crescente, sino ad arrivare al massimo della propria velocità. Ad ogni giro, massimo di 350-400 m circa, vengono rilevati i tempi parziali delle singole frazioni e della frequenza cardiaca. Queste coppie di dati, tempo tramutato in velocità media o i watt e frequenza cardiaca, vengono riportati su di un grafico (Vedi grafico) con in ascissa la velocità o i watt e in ordinata la frequenza cardiaca. Per poter arrivare ad avere un test attendibile è necessario avere almeno 10-12 coppie di dati. Tale grafico di solito ha un andamento inizialmente pressoché rettilineo poi con il sorgere dell'affaticamento, la retta subisce una deflessione evidenziando così il punto ipotetico della nostra soglia anaerobica. La lettura di un grafico, derivante dall'effettuazione di un test di Conconi, non è così semplice come può sembrare ad una prima e superficiale valutazione. È importante, e dipende dall'abilità del soggetto esaminato, cercare d'incrementare la velocità in modo tale che la frequenza cardiaca abbia un incremento graduale step per step. Questo tipo di test, ormai diffusissimo in molti sport, ha subìto sin dall'inizio una serie infinita di critiche che, giuste o sbagliate, non hanno offerto poi altri metodi di valutazione funzionale indiretta così pratici e facili da effettuare. La validità di questo test è quindi quella di essere un importante strumento per l'allenatore: per conoscere le andature e i ritmi di allenamento; per determinare lo stato di forma dell'atleta; per confrontare un periodo di training con un altro traendo delle preziose indicazioni. Farne solo uno all'anno non serve molto, questo test di valutazione funzionale raggiungela sua piena utilità se si esegue con una certa frequenza, uno ogni 2-3 mesi.

BOX su test di laboratorio
Ormai quasi tutti i test di valutazione, legati al ciclismo, vengono effettuati in laboratorio per questioni di comodità, ma anche per poter avere sempre un margine di errore standard e poter quindi desumere valori confrontabili nel tempo. Fino a poco tempo fa i test venivano eseguiti su cicloergometri molto simili ai normali speciali attrezzi che permettono di montare la propria bicicletta, diminuendo così i problemi di regolazione e di abitudine ad un gesto diverso.

Una volta eseguito il test di valutazione funzionale, e stabilite le frequenze cardiache di allenamento, unico parametro soggettivo per la valutazione e il controllo dell'allenamento, bisogna poter controllare in tempo reale questa famosa frequenza cardiaca. Da alcuni anni a questa parte sono apparsi nel panorama delle due ruote i cardiofrequenzimetri, veri e propri visualizzatori di frequenza cardiaca.

     METODI PER DETERMINARE LO STATO DI FORMA DEI VALORI DI F.C. ALLENANTI

1° metodo
Frequenza cardiaca massima reale (indossando il cardiofrequezimetro):
    Prova da sforzo massimale:
  1. eseguire dopo una fase di adeguato riscaldamento, con il massimo impegno, una salita di 1000 m e leggere il dato di frequenza cardiaca visualizzata dopo circa 2' dall'inizio dello sforzo
  2. sforzo massimale ma in progressione, per esempio su un tratto di strada sprintare ogni due minuti per 30" e il terzo allungo eseguire 2' di scatto

2° metodo
Frequenza cardiaca massima teorica (F.c.m.t.):
Se non ci si vuole sottoporre ad un test massimale, si può fare riferimento a questa formula:

F.c.m.t = 220 - età (anni)

in base poi a questo dato si adeguano, con delle opportune percentuali, i vari ritmi di allenamento evidenziati nella tabella seguente:

Tabella per la determinazione dell'intensità della F.C.in funzione degli obiettivi da raggiungere

% della F.C. max.ObiettivoEffetto allenanteRisultatoDurata media del training
50-60%Miglioramento delle condizioni generali di benessere-fitnessInizio stimolazione del metabolismo dei grassiRiduzione del grasso corporeoDa 30' a 60' max
60-70%Zona di consumo dei grassi corporeiStimolazione del metabolismo dei grassiRiduzione del grasso corporeo e miglioramento della capacità aerobicaDa 30' ad anche 2- 3 ore
70-80%Zona aerobica Stimolazione dei meccanismi aerobici miglioramento cardiovascolareMiglioramento della capacità e potenza aerobicaDa 30' a 60'-70' massimo
80-90%Zona vicina alla soglia anaerobicaStimolazione della zona di soglia aerobica/anaerobicaMiglioramento tolleranza lattacida15' a 60' di lavoro anche ripetuto
90-100%Zona di massima intensitàStimolazione dei Meccanismi anaerobiciMiglioramento della soglia anaerobicada 45" a massimo 2/3 minuti ad una intensità inferiore

LA SUDDIVISIONE DELL'ALLENAMENTO
Come abbiamo visto precedentemente l'allenamento, finalizzato al miglioramento della performance, è costituito da una serie di stimoli e intensità sempre diverse, capaci ognuno di migliorare una o più qualità atletiche. Questi stimoli, per essere funzionali al miglioramento del risultato globale, non possono essere somministrati in modo casuale, ma organizzati e strutturati, oltre che in rapporto alle caratteristiche individuali, in relazione agli obiettivi che ci si propone. L'organizzazione razionale dell'allenamento, quindi, passa attraverso la suddivisione in periodipiù o meno piccoli.
Microciclo (piccolo ciclo): in genere si organizzano sedute di in una settimana, e si possono vedere chiaramente gli orientamenti del periodo di allenamento valutando la quantità e l'intensità dell'allenamento proposto. Il microciclo può essere considerato la struttura fondamentale dell'allenamento che permette di impegnare l'atleta ai limiti relativi della propria sopportabilità, stabilendo un rapporto ottimale fra carico e recupero ed evitando forme di sovrallenamento.
Mesociclo (ciclo intermedio): può comprendere l'organizzazione di 3-6 settimane di allenamento, quindi più microcicli; in esso si alternano alcuni periodi con elevate intensità o quantità a periodi di quantità minima (riduzione del 30%). I mesocicli del periodo agonistico sono più brevi di quelli di costruzione. In genere si prevedono schemi del tipo:
3:1 tre settimane di lavoro, intensivo, crescente o decrescente a seconda dei casi, ed unasettimana di recupero.
4:1 quattro settimane di lavoro crescente o decrescente ed una di recupero.
2:1 o addirittura 1:1 in periodi altamente agonistici dove si gareggia spesso ma si cerca, nellimite del possibile, di mantenere allenate tutte le qualità condizionali.
Macrociclo (grande ciclo): rappresenta l'intera programmazione di una stagione dal periodo fondamentale generale o Offseason al periodo agonistico.

LA SEDUTA DI ALLENAMENTO

PREMESSA
Spesso, quando si leggono gli allenamenti indicati nelle riviste di settore, ci si rende conto di come su ogni tipo di tabella venga inserito un programma meticoloso di training settimanale, mensile o annuale, tralasciando, a parer mio in modo errato, di ricordare ogni volta quali sono i rituali di un corretto allenamento. La singola seduta di allenamento, per creare i giusti benefici, ma soprattutto per evitare pericolosi e fastidiosi infortuni, si articola in alcune fasi: il "riscaldamento"; la fase di allenamento o "condizionamento"; la fase del "defaticamento".

IL RISCALDAMENTO
L'allenamento rappresenta, dal punto di vista fisiologico e biochimico-metabolico, un vero e proprio "stress" e come tale va considerato e analizzato. Ecco allora, soprattutto oggi con l'aumento notevole dei carichi di lavoro, che un'introduzione al training diventa necessaria. Questa fase introduttiva ha assunto, via via, il termine di "riscaldamento" o più correttamente "ricerca del tono funzionale". Oggi è considerata, a ragione, parte integrante del processo allenante, perché favorisce e predispone il fisico, nella sua totalità, ad una fase più intensa come quella di "condizionamento", prevenendo eventuali infortuni di tipo muscolo-tendineo. Spesso però, per motivi di tempo, il riscaldamento viene ridotto o addirittura non eseguito, rischiando purtroppo infortuni che a volte possono essere anche di elevato grado. Vediamo i motivi che dovrebbero spingere ogni sportivo a fare un adeguato "pre training": primo fra tutti il riscaldamento aiuta a prevenire gli infortuni muscolari, specie se si prevede di eseguire allenamenti altamente qualitativi; eleva la temperatura del corpo e così diminuiscono gli attriti a livello articolare, a livello muscolare vengono favorite alcune reazioni biochimiche; l'emoglobina, il trasportatore dell'ossigeno, ne cede maggiori quantità; gli impulsi nervosisono più veloci e maggiore è quindi la coordinazione intra ed extramuscolare; alcuni organi, come il cuore, vengono portati a livello di allenamento così non subiscono un improvviso shock con l'incremento dell'intensità; diminuisce la viscosità del liquido sinoviale così le fasce articolari sono facilitate nel loro scorrimento consentendo movimenti meno dispendiosi dal punto di vista energetico; avviene una ridistribuzione del flusso sanguigno, a favore dei gruppi muscolari e degliorgani maggiormente coinvolti nell'attività fisica.

MODALITÀ DI ESECUZIONE
La modalità di esecuzione prevede il passaggio da esercitazioni più blande a movimenti più intensi. S'inizia solitamente con attività di bassa intensità, come del fondo lento, utile per svegliare il corpo, specie se la seduta allenante è di mattina, seguita da ginnastica generale, solitamentestretching finalizzata alla distensione dei gruppi muscolari interessati, oppure se non ci si vuole fermare e l'allenamento non è altamente qualitativo si può continuare a frequenza di fondo lento. Si passa poi ad impegni più intensi, come leggeri scatti in progressione che via via s'intensificheranno, fino ad arrivare al momento della gara o dell'allenamento. All'interno del riscaldamento non si può non considerare, come parte integrante di questa fase introduttiva, lo stretching, una metodica detensiva utile sia a livello muscolare che psicologico, che da sempre è un completamento di ogni fase della preparazione di qualsiasi disciplina sportiva. Lo stretching, per chi pratica mtb, rappresenta una metodica ormai molto conosciuta, ma spesso praticata con poca attenzione e convinzione, non creando così quei miglioramenti e benefici che prevengono danni a muscoli, articolazioni e legamenti. Ma perché bisogna eseguire lo stretching? Il motivo risiede nel fatto che ogni muscolo allenato, quando è affaticato, risulta molto contratto e quindi rappresenta un punto di probabile infortunio. Lo stretching permette di ristabilire la giusta distanza fra i capi articolari migliorando la funzionalità, il rendimento del muscolo e l'intero gesto sportivo. Con gli anni poi i muscoli tendono in maniera naturale a contrarsi, e da qui ancora maggiore probabilità ad infortunarsi. Dal punto di vista psicologico, inoltre, l'allungamento muscolare genera sensazioni di calore e di piacere, il controllo della respirazione, la concentrazione sui muscoli che si detengono eallungano, una migliore presa di coscienza corporea.

COME SI ESEGUE LO STRETCHING
1ª fase: cercare una tensione "facile", da mantenere per una decina di secondi senza molleggio, fino ad arrivare ad una tensione "media". A questo punto la sensazione di tensione dovrebbe diminuire pur mantenendo la posizione; questa è la fase che prepara alla tensione "di sviluppo".
2ª fase: la tensione "di sviluppo" è conseguente e deve essere forzata e mantenuta per altri 15" circa, in modo statico senza molleggiare. Da questa fase si ottiene lo sviluppo e l'aumento della flessibilità, è importante non sentire dolore ma tensione.
3ª fase: una volta esaurita la seconda fase vi sarà la fase di rilascio, che non deve essere brusca, ma "accompagnata" in modo graduale, per ritornare alla posizione originaria.

Metodi di allungamento muscolare:
Oggi i metodi di allungamento muscolare, sono principalmente 3: passivo; statico; PNF(facilitazione propiocettiva neuromuscolare).
Il metodo passivo avviene grazie all'aiuto di un partner o dell'allenatore, che deve però conoscere la situazione muscolare del soggetto per evitare, attraverso la ricerca di una detensione, di creare degli stiramenti. Quindi risulta importante intervenire in modo lento e graduale.
Il metodo statico rappresenta il metodo di allungamento più sicuro perché praticato da noi stessi. La tecnica di esecuzione prevede delle posizioni statiche tenute per alcuni secondi, senza che questo provochi dolore. L'allungamento muscolare deve arrivare ad un'intensità sopportabile, non si deve sentire dolore, e mantenere questa posizione per 30 secondi (30 respiri lenti circa).
Il metodo PNF viene utilizzato prevalentemente in campo riabilitativo, è una metodologia che, se eseguita nel modo corretto, offre grossi miglioramenti in termini di mobilità e di detensione muscolare. La metodica propone che si contragga il muscolo in maniera isometrica, senza che ci sia alcuno spostamento, per una decina di secondi; quindi si procede con l'allungamento progressivo e lento del muscolo precedentemente contratto. È una metodica che, se eseguita con poca attenzione, può risultare molto pericolosa.

Riscaldamento pregara tipo (adatta a competizioni brevi)
In considerazione del fatto che spesso nelle gare di mtb si parte sempre molto forte, il riscaldamento riveste una notevole importanza. È anche vero però che una volta eseguito, può capitare di aspettare fermi immobili sulla griglia di partenza anche 15-20'. Questa non è però una buona ragione per evitare di eseguirlo. Infatti, se è vero che il muscolo può "raffreddarsi", e perdere la sensibilità acquisita precedentemente con il riscaldamento, i benefici e le reazioni biochimiche metaboliche elencate precedentemente non vengono immediatamente "dimenticate" dall'organismo. Se le condizioni climatiche fossero avverse, pioggia e fango, si consiglia l'utilizzo, per il riscaldamento, di simulatori, come i rulli, e durante l'attesa prima della partenza di eseguire esercizi di stretching. Se invece è molto caldo risulta importante effettuare una buona idratazione, prima, durante edopo il riscaldamento, limitandone la durata.

Riscaldamento tipo per cross-country
20' di fondo lento su asfalto 15' di stretching 10' di fondo lento + variazioni di ritmo [esempio 3-4 volte l'85-90% della velocità massima con recupero 4'] + ancora 10' di fondo lento a sensazione.Durante l'attesa in griglia eseguire qualche esercizio di stretching.

FASE DI CONDIZIONAMENTO
Questa fase rappresenta la parte centrale della seduta di allenamento, è il momento in cui si esegue il training vero e proprio, dove si stimolano e sollecitano quelle particolari qualità condizionali (forza, resistenza ecc.) che ci permetteranno di migliorare le nostre performance. È proprio in questa fase che si creano i presupposti, se programmati nel modo corretto, per un miglioramento fisiologico prestativo. La cosa fondamentale è cercare di dare sempre e comunque, anche se abbiamo a disposizione contachilometri, contapedalate e cardiofrequenzimetro, ascolto a quelle che sono le nostre sensazioni personali. Se ci sentiamo quindi particolarmente stanchi e spossati è inutile impegnarsi in faticosi allenamenti solamente perché il programma lo prevede. È giusto invece rimandare al giorno successivo, o eliminare quei training che non si sono potuti eseguire, perché è meglio gareggiare un pò meno allenati ma riposati, e quindi ricchi di energie, che stanchi ma con il programma eseguito alla lettera.

DEFATICAMENTO
Questo termine serve a definire la fine della seduta di allenamento, il ritorno ad una situazionedi "quiete" dopo le fatiche della fase condizionante.
Metodica
Il defaticamento, o Cool Down, come viene definito dagli americani, non fa che riproporre, sulla falsa riga, gli esercizi già visti in parte per il riscaldamento. Il defaticamento si compone di una serie di passaggi importanti e fondamentali:
- fondo lento in agilità
- esercizi di "scarico" e detensione della colonna vertebrale (vedi figure);
- stretching (allungamento muscolare);
Se il defaticamento è una parte fondamentale dell'allenamento in generale, lo è ancora di più per chi pratica attività agonistica e ha già superato la soglia dei 40 anni. In queste situazioni dove il cuore, ma anche tutti gli organi e i muscoli impegnati nello sforzo risultano meno "elastici", diventa necessario al fine di evitare bruschi e pericolosi passaggi dal momento di lavoro a quello di riposo e viceversa, eseguire sempre e con particolare cura il riscaldamento ed il defaticamento.